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La morte a Venezia

  • Immagine del redattore: Beatrice Di Santo
    Beatrice Di Santo
  • 3 ago 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 5 apr 2023

Come si fa a non parlare di Venezia?

La città dell’acqua alta, dell’arte e dei miei studi universitari. Anni fa scrivevo:


Venezia ha sempre conservato ed esercitato una sua magia, nascosta nelle calli più strette e improbabili, racchiusa nelle guglie di Piazza San Marco, dispiegata lungo i ponticelli e lungo le acque del rio sottostante che, nelle giornate di sole intenso, luccica come se fosse trapuntato da stelle azzurre.

Questa preziosa e incantata città dell’acqua, dove il dio del tempo è vicino all’uomo più di quanto può sembrare, accompagnandolo passo dopo passo per le fondamenta e i campi, talvolta facendogli qualche piccola e gioiosa beffa nell’averlo scortato in stradine senza uscita, o nell’averlo fatto girare in tondo facendogli perdere l’orientamento.


Beatrice Di Santo



Copertina del libro di Salvatore Settis.

Definita la più bella città del mondo ma anche la più stipata, perlomeno fino a poco tempo fa. Un cristallo, e come tutti i cristalli rischia d’infrangersi. Potete trovare una sentita e professionale analisi sulla delicatezza di Venezia e sul proprio rischio di oblio già dai primi capitoli del libro di Salvatore Settis, Se Venezia muore, Giulio Einaudi editore 2014, con speciale attenzione per le pp. 6 e 7 dove l’autore argomenta la bellezza delle città, incitandone la salvaguardia: “La bellezza non salverà nulla e nessuno, se noi non sapremo salvare la bellezza. E con la bellezza la cultura, la storia, la memoria, l’economia. Insomma, la vita”, p. 6, cit.




Nel corso degli anni ho ricercato vari personaggi collegati a Venezia e mi sono imbattuta, da amante dei classici, in Casanova e Silvio Pellico, entrambi rinchiusi presso i Piombi.* Venezia è dunque anche la città delle prigioni e modernizzando questa mia denominazione possiamo denunciare, in accordo con Settis, il pericolo che la città diventi prigione di se stessa.

Ma, a mio avviso, c’è una risorsa che è più forte di quest’insidia ed è amare la città. Se non possiamo farlo in modo competente come Settis nel suo libro, che risulta perciò una dimostrazione d’amore per la città, possiamo farlo ciascuno a proprio modo. E dunque parlando ancora di Venezia.

Tace il mondo

nei riflessi dorati.

Come cristallo di sera

risorgi dall’abisso

dell’animo.

Tu, Venezia,

magia di laguna.

Beatrice Di Santo, poesia su Venezia 2014.

Labirinto di specchi

dove il sol di meriggio

risplende di chiara culla

mattutina.

Beatrice Di Santo, poesia su Venezia 2015.

Venezia come fioco fantasma vola via

all'avanzar di foschia,

lei, che come barca nei ricami s’inabissa

di mari e nebbia fissa.

Come perla di conchiglia ancor non sa

se il mito va con lei o lei col mito va,

tant'è che il greco nacque

da queste di Burano acque

osservando la sua veneziana sposa

che all’orizzonte diafana riposa.

Un'Atlantide nelle sue membra cangianti,

il passato piange, di sponde chiare,

merlettate e brillanti.

Beatrice Di Santo, poesia su Venezia 2019, Dal lungomare di Burano.

Personalmente le ho dedicato molte poesie e ho cercato di scrutarla in molte sue sfaccettature, per esempio visitando Lio Piccolo e Burano. Ma la sensazione più bella è stata quando l’ho intravista da lontano e poi pian piano avvicinarsi mentre ero in traghetto, preso da Punta Sabbioni con attracco a San Marco. Da quel giorno non ho più preso il treno per arrivare a Venezia. Ci sono sempre approdata via mare, permettendo ai miei pensieri di ondeggiare assieme al mio viaggio, più lento e distensivo, abbandonandomi alla calma del traghetto e agli orizzonti che potevo scorgere. Ecco dunque che la laguna veneziana si riconferma il posto dove il tempo è più conforme all’uomo, come già descritto nella mia citazione all’inizio dell’articolo. E ora possiamo giungere a Thomas Mann. Ero a un mercatino dell’usato quando ho visto questo piccolo libro, La morte a Venezia. Subito la mia attenzione è stata catturata dalla parola Venezia nel titolo e senza indugi, emozionata, l’ho comprato. È un romanzo breve ma profondissimo. Thomas Mann è uno dei più grandi descrittori e filosofi del Novecento. Questo libro, in particolare, è un capolavoro d’estetica, anche nel senso più filosofico del termine. Ho scelto un episodio preciso del romanzo e capirete subito il motivo immergendovi nella sua lettura. Vi saluto, concludendo con le parole di Thomas Mann, La morte a Venezia, La Biblioteca di Repubblica, Pubblicato su licenza della Giulio Einaudi Editore, Edizione speciale per la Repubblica, BIBLIOTEX, S.L., Barcellona 2002, pp. 28-29.


Ed ecco la rivedeva, quella stupefacente riva d’approdo, quell’abbagliante composizione di edifici fantastici che la Serenissima presentava agli sguardi riverenti dei navigatori che si approssimavano: l’aerea magnificenza del Palazzo Ducale e Il Ponte dei Sospiri, le colonne sulla riva col Leone e col Santo, il pomposo aggetto del tempio fiabesco, il traforo della Porta dell’Orologio coi Mori, e mentre contemplava si disse che arrivare a Venezia dalla terraferma era come entrare in un palazzo dalla porta di servizio, e che solo per nave, dall’alto mare, come aveva fatto lui questa volta, bisognava giungere nella più inverosimile città del mondo.


*Silvio Pellico non propriamente ai Piombi ma in una diversa zona.

 
 
 

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© Beatrice Di Santo | Il Chiacchierino | Rubrica di chiacchiere letterarie. 

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