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Ivanhoe

  • Immagine del redattore: Beatrice Di Santo
    Beatrice Di Santo
  • 1 ago 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Buon mattino con “Il Chiacchierino”!

Oggi vi presento una frase dal padre del romanzo storico Walter Scott, di cui ho visitato il monumento a Edimburgo, una costruzione gotica vittoriana, svettante fino a toccare il cielo, degna dell’Ottocento e dell’alta fama che l’autore ha rivestito.

Precisamente la citazione è presa da Ivanhoe, Arnoldo Mondadori Editore 1994, p. 301.

Gli accenti di quella lingua sconosciuta, per quanto potessero suonare aspri se pronunciati da altri, avevano tuttavia, scaturendo dalle labbra della bella Rebecca, l’effetto piacevole e rassicurante che la fantasia attribuisce agli incantesimi di una benefica fata, incomprensibili all’orecchio ma commoventi e toccanti per il cuore, grazie alla dolcezza e alla benevolenza che li accompagnavano.

In poche righe l’autore ha rievocato un sacco di mondi e conoscenze, per esempio il mondo della lingua, specie la lingua sconosciuta che ci può richiamare alla mente il termine barbaros dal greco antico.

Dovete sapere che questa parola indicava proprio il suono di una lingua incomprensibile dal momento che gli stranieri, indicati come barbaroi, sembravano parlare con una sorta di bar bar, un’onomatopea per significare una favella ignota. Da qui il passaggio al mondo della magia. Per quanto potesse sembrare aspra, questa lingua è comunque rassicurante poiché pronunciata dalla bella Rebecca che assume quindi le parvenze di fata. Personalmente trovo bellissimo questo collegamento di lingua e magia, filtrato dalla estraneità del personaggio. Non mi dilungherò sul fatto che gli stranieri, fin dai tempi antichi, erano spesso additati come maghi, in primis i persiani nel mondo greco. Potete trovare alcuni riferimenti in Fritz Graf, La magia del mondo antico, Editori Laterza 1995 e in Giulio Guidorizzi, La trama segreta del mondo, La magia nell’antichità, Il Mulino 2015. Mi limito a citare la figura di Medea, dove il connubio di straniera e maga è alla luce del sole, nonostante la donna sia una figura della letteratura greca e non della realtà.

In conclusione, nel passo di Ivanhoe i tre mondi, la lingua e la magia e la personalità straniera, risultano una sorta di archetipo ai miei occhi poiché concatenati quasi necessariamente. È interessante notare che nello scritto scottiano questa concatenazione fa scaturire effetti benefici, “toccanti per il cuore” come dice l’autore. È dunque un benessere che possiamo ritrovare in persone che non si conoscono e che non si capiscono, aldilà del linguaggio, semplicemente nel suono di una voce e quindi nella musica.

 
 
 

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© Beatrice Di Santo | Il Chiacchierino | Rubrica di chiacchiere letterarie. 

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